Leccio

Venerdi’ scorso e’ uscito il quarto numero di Ruggine. Ogni volta mi stupisco di trovarmela fra le mani in carne e carta, densa dei nostri racconti, delle nostre fantasie, paure e entusiasmi. Piano piano nel tempo mi arrivano lenti commenti di amici e creature simili che finora hanno letto in silenzio. E’ difficile avere a che fare con la scrittura, e’ inusuale nei nostri giri, purtroppo. C’e’ da tirare fuori un bel po’ di viscere e lasciarle li in bella vista, sotto gli occhi crudeli di tutti. Sono contenta che questo buffo amalgama di creature rugginose riesca ancora a farlo e sempre meglio. Ne sono molto orgogliosa.

E mentre vi sprono a non lasciarci soli al nostro destino di scribacchini, prenotando su Pdb la vostra copia di Ruggine (seguite il banner nella colonna qui a fianco) o abbonandovi a Ruggine o diventando coproduttori… ecco un racconto che ho scritto per questo numero.

 

Leccio

Stava arrivando il primo freddo.
Puntuale e metodico si presentava come tutti gli anni con un vento gelato e secco.
Leccio camminava pesticciando le foglie distese in terra. Non facevano quel crepitio sordo autunnale, le lunghe piogge le avevano ammorbidite e impastoiate di fango.
Si tiro’ su il bavero del giacchetto. Era un gesto che lo faceva sentire meglio, gli dava il senso dell’inverno.
Quest’anno, si disse, sarebbe arrivato preparato al freddo. Avrebbe fatto la formica, avrebbe messo via combustibile e bei ricordi abbastanza per non farsi sorprendere dalla malinconia.
Spinse il cancello in avanti e se lo richiuse alle spalle con gesti attenti. Apri’ la piccola porta di vetro e fece un passetto sullo zerbino. Si volto’ e il tramonto rosso spariva veloce dietro la montagna. Cominciava un’altra sera ed era tempo di rientrare in casa.
Mise un ciocco di legno dentro lo sportello della cucina e inizio’ a prepararsi il te’. Erano passati diversi mesi da quando si era procurato quel pacchetto di te’ nero. Non ne rimaneva molto in giro e li’ al nord era proprio difficile pensare di coltivarlo. Il piacere del te’ era quindi riservato all’inverno, le foglie venivano riutilizzate piu’ volte e ci si aggiungeva qualche bacca di ginepro o rosa canina. Quando calava un po’ il vento Leccio si spingeva anche a raccogliere il timo che cresceva sui dirupi in riva al mare. Era buono il timo marino, e gli calmava quella fastidiosa tosse stagionale.
Un giorno Leccio si era spinto un po’ piu’ in giu’, dopo la galleria, nel dirupo vicino al molo verde dove galleggiavano le immense rovine di quell’albergo mai finito. C’era un’intera parete di nasturzi. Anche i nasturzi erano buoni, se ne mangiavano i fiori in insalata, insieme alle foglie di tarassaco. E li’, mezzo nascosto dalla sabbia e dai rami secchi c’era questo disco di metallo arrugginito. Leccio si era avvicinato stando attento a non inciampare nelle alghe e negli ossi di seppia.
Appurato che il disco non fosse rovinato, rotto, o in qualche modo ferito, Leccio aveva controllato che la marea non lo lambisse.
“Buonasera. Se ne sta a prendere un po’ d’aria di mare, eh?”
Il disco non rispose, ma d’altra parte neanche si ritrasse dalla conversazione.
“Mi scusi sa, ma non si incontra molta gente ultimamente e a me piace ogni tanto scambiare il calore di qualche parola.”
“Sta bene vero? Non sara’ mica arrivata qui dal mare? Deve stare attenta all’acqua e alla salsedine.”
“Anch’io non posso andare in acqua. Cioe’, non per molto tempo. Sono fatto di stoffa, vede? Mi impregno di acqua e poi camminare e’ piu’ difficile, le zampe si fanno pesanti e se non mi asciugo in fretta finisco anche col muffire.”
Il disco non aveva detto niente, ma non sembrava disdegnare un po’ di compagnia.
“Una volta ho visto un’altra come lei. Tendete ad esplodere, vero? Ho un amico che una volta e’ saltato in aria perche’ e’ inciampato in una come lei. Non l’ha fatto apposta. Gli ci e’ voluto un po’ per rimettere insieme i pezzi e tutta l’imbottitura. Adesso sta bene comunque. Tranne quel bottone ballerino al posto dell’occhio e l’orecchio un po’ rovinato. Sta bene comunque adesso, non si preoccupi, davvero. E’ nella vostra natura esplodere e nella nostra saltare in aria e riaggiustarci.”
Il disco gli era parso un po’ amareggiato da quella storia. Forse non era stato tanto il caso di entrare in certi argomenti.

 

“Ancora le giornate sono lunghe e luminose. Ha fatto bene a fermarsi qui un po’, ci sono un sacco di colori. Io ne prendo sempre il piu’ possibile di colori, li colgo, li assorbo, li tengo negli occhi, mi servono per quando arriva l’inverno, per le serate che devo passare a ricucirmi.”
“Finisce che poi le cuciture mi vengono colorate. E’ una cosa buffa, sa? Non so come succede. Finisce che queste mie cuciture mi vengono bene e sono belle. Non trova che siano bellissime?”
Il disco non aveva risposto, ma non lo aveva contraddetto e anzi sembrava mostrare una certa compartecipazione sul discorso delle cicatrici.
“Bene, me ne torno a casa. Devo fare ancora qualche preparativo per l’inverno. Questa volta non mi faro’ cogliere impreparato, sa? Magari torno a trovarla uno di questi giorni, se e’ ancora qua. Arrivederci”.
Aveva dato un’ultima occhiata al disco prima di voltarsi e si era ricordato della sciarpa di cotone blu che si portava dietro per quando si alzava improvviso il vento. L’aveva sistemata con cura sul disco e l’aveva rincalzata bene in modo che gli tenesse un po’ caldo e lo riparasse almeno un po’ dall’alta marea.
Poi aveva ripreso a raccogliere i nasturzi che ricamavano il tragitto verso casa.

 

La teiera fischio’. Leccio si verso’ il te’ nella tazza, ci mescolo’ un po’ del suo adorato miele e si sistemo’ sulla poltrona davanti al camino sgranocchiando un biscotto. In fondo l’inverno e’ una piacevole sensazione, si disse mentre tirava su le zampe sulla poltrona e si addormentava al calore del caminetto.

Hc local heroes

Era un po’ che cercavo un attimo di quiete per diffondere qualche notizia sull’insano mondo del hc fiorentino e dei suoi eroi.

Primo. E’ uscito il disco dei Carlos Dunga. Qualche tempo fa era uscito uno split con i Deep Throat e un 7′ molto vintage, ma adesso vengono accontentati anche quelli che come me hanno rotto la puntina del giradischi. Una coproduzione ovviamente DIY che non puo’ mancare nei vostri scaffali da collezionisti di punk moderno.
Questo il sito dei suddetti Carlos Dunga, qui invece potete ascoltarvi i pezzi direttamente.

 

Secondo. Gli Alfatec hanno fatto un pezzo dedicato a un certo posto occupato di nostra conoscenza. Sono piccole cose che ti fanno venire i brividi, piccole cose che conservi addosso e ti tieni da parte per i giorni di sconforto. Il pezzo si chiama The-boyz-are-back-in-town. Vecchi emersoniani ringraziano felici come bambini.

Freakangels

freak angelsFinalmente sono usciti i primi due volumi dell’edizione italiana di Freakangels.

Si tratta della versione cartacea del fumetto di Warren Ellis e Paul Duffield, che viene periodicamente pubblicato online qui.

Me li sono procacciati e mi sono divorata questi due lussuosi volumi (una carta lucida sbrilluccicante, dei colori abbaglianti e delle bellissime grafiche in stile). Non amo troppo i disegni di Paul Duffield, o meglio, rimango affascinata dai suoi paesaggi apocalittici e dalle sue macchine infernalmente steampunk, ma rimango spesso delusa dai personaggi goffi e incoerenti. I colori pero’, gia’ solo per quelli vale la pena, e le luci anche e il piacere di vedere scorrere fra le mie dita personaggi di varie sottoculture cosi’ poco spesso rappresentate su carta.

Poi c’e’ la storia. Una Londra affogata da una devastante apocalisse, una comunita’ che sopravvive, si riprende il quartiere di White Chapel e ne fa il proprio territorio: il quartier generale dei Freakangels. E le storie che ne seguono, mischiate a un po’ di fantasy e molto steampunk, sono storie di autogestione quotidiana. Di un futuro da ricostruire insieme pezzo per pezzo, con le mani impastate di morchia e un sacco di errori e tentativi sbagliati nel cuore.

I Freakangels “badano” alla propria comunita’ espiando la colpa di aver aiutato a far esplodere il mondo che conoscevamo. Si aggirano in un mondo che non conosciamo, ma che possiamo immaginarci, capovolgono la linea del tempo e la riscrivono. Costruiscono macchine a vapore, pannelli solari, giardini urbani estremi, si dividono i compiti e si rimboccano le maniche. Ragionano e ri-ragionano sulle responsabilita’ che stanno nelle mani di chi ha deciso di prendersi cura del proprio quotidiano e di quello della propria comunita’.

C’e’ un sacco di punk in questo steampunk. Ci sono botte e languidi tramonti, ci sono tanti dubbi e il coraggio di volerli affrontare. C’e’ l’impossibile reso reale, la necessita’ divenuta virtu’ e il futuro diventato adesso.

Mi piace un sacco, insomma, come non potrebbe?

Diecimila istanti

Sabato scorso sono accorsa all’annuale Anti-mtv day. Meno amici da riabbracciare dell’ultima volta, ma il consueto, rassicurante, ritrovo di anime affini.
Come ogni anno i concerti che riesco a vedere sono pochi, e mentre ci lanciavamo nel piovoso ritorno a casa con una prode macchina marchiata Agipunk, mi mangiavo le mani per essermi persa uno dei gruppi che aspettavo di piu’, i Ronin.

Ad ogni modo ho portato a casa un’incetta di dischi dal banchino di Bar la muerte, due fra le ultime produzioni librarie di Porfido+El Paso (L’istinto di morte di Jacques Mesrine e Il segreto e’ dirlo), la contentezza di aver tenuto fede ai miei buoni propositi di ricominciare ad andarmene in giro per concerti
e la scoperta di Lili Refrain..

10 anni rft

Chi e’ piu’ fortunato di me, che sono incatenata in un vortice di iniziative fiorentine, corra invece domani al 10 anni buttati via Fest in Torchiera, a Milano. Un tour-de-force di 15 gruppi, tra cui i miei amati Affranti che aspetto da troppo tempo di rivedere riversi su un palco a farmi tremare gli attoniti nervi.
Buon concerto e un abbraccio lungo diecimila istanti

Anticaglie

Ecco che vi propongo questa rarita’ trovata per caso nelle maglie della rete.

I paolino paperino band live alla Jungla occupata ( Firenze, 1992). I locals piu’ attenti credo riconosceranno anche quel capellone di due metri che si agita in mezzo al pubblico..

Apparte che nel 1992 avevo ancora 2 o 3 anni da starmene buona, la Jungla era comunque troppo lontana da casa mia, senza neanche un motorino proprio ero fuori dai giochi. Bene, un piccolo risarcimento per me, troppo poco.. ma che si deve fa’?

Ah! Per la cronaca.. la Jungla fu sgomberata armi in pugno da un manipolo di vigili urbani infoiati. Non belle scene. Peccato rimanga cosi’ poco di quei nervi sparsi..

hackit a palermo

appena tornata in terra natia dopo l’hackit a Palermo.
ci mettero’ sicuramente un po’ a metabolizzare il tutto, al momento il mio corpo
e’ impegnato a combattere la febbre e il cedimento psico-fisico.
un hackmeeting impegnativo, sotto vari fronti, bellissimo, da ogni punto di vista.
ero partita da una firenze fredda e umida pensando al mare, alle granite e ai gelati, mi sono ritrovata in una palermo con un clima irlandese, immersa nell’acqua notte e giorno. l’ask e’ una chimera in un deserto periferico. un palazzo imperiale sequestrato a un capomafia, un posto incredibile e un’architettura inspiegabile.
abbiamo costruito impianti elettrici e idraulici, bagni e dighe anti-alluvione, credo di aver passato un buon 40% del tempo con un mocio in mano a strizzare acqua.
l’ingranaggio hackit ha funzionato di nuovo, quella magia per cui un tot di acari arrivano una settimana prima e lavorano come trottole finche’ non finiscono tutto quello che c’e’ da fare. l’essenza dell’autogestione e di tutto cio’ che mi fa sentire bene.
poi c’erano i palermitani. la sorpresa piu’ bella, occhi seri e sorrisi bellissimi, gli stessi nervi e battiti, energie e ansie. un’accurata delicatezza nell’accudire cibo e piante. e mentre ripercorro facce e parole mi riimmergo nella febbre cercando di riadattarmi alla vita normale.

Intervista a Ian MacKeye


Ho trovato questa intervista a Ian MacKeye su un numero dell’anno scorso di "Barricata", la rivista della Rash di Parigi. Questa volta il mio francese ha dovuto fare il triplo salto mortale di una traduzione da una traduzione. Quindi voi dovrete essere tre volte piu’ gentili a perdonarmi eventuali incomprensioni e punti oscuri. Come sempre metto anche il link al testo originale, se qualcuno vuole aiutarmi a migliorare la traduzione io sono molto contenta!

Penso pubblichero’ altre cose da questa rivista, ho in ponte la traduzione di un interessante articolo sulle banlieues e altre cosette.

La prima parte e’ un po’ piu’ fiacca, penso a causa delle domande francamente un po’ imbarazzanti dei tipi. Dopo pero’ sono rimasta impressionata dalla lucidita’ di alcuni passaggi e da alcune piccole considerazioni non banali. Leggetevela, dice delle cose proprio belle.

Versione originale

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Anti Mtv Day

Il 15 agosto a Bologna, la citta' piu' libera del mondo, ci sara' l'annuale Anti-Mtv Day.

Questo il sito.  http://www.donnabavosa.com/antimtvday

Questo e' il contenuto della sezione pippone
. Non metto il link perche' tanto so che siete pigri e quindi vi
incollo sotto il testo. Come ogni anno mi ritrovo ad apprezzarne la
lucidita' e la chiarezza. Spunti mai banali, interessanti e soprattutto
incoraggianti (lo so, sembra un paradosso data l'amarezza dei toni, ma
invece e' proprio cosi').

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POST- MTV

I will be here when they'll be dead and fucking gone. And I don't know what's cool anymore

Questo festival è nato 6 anni fa come prosecuzione naturale
dell'energia che la scena DIY Hardcore aveva espresso negli anni 90,
un'energia che tentava di convogliare la spinta distruttiva del Punk
verso la costruzione a piccoli passi di una nuova sottorealtà. Una Rete
di punti luminosi che nascevano autonomamente e che trovavano la
conferma della propria esistenza negli altri punti luminosi, fino a
creare una tessuto che si autososteneva e si rafforzava con il
moltiplicarsi dei suoi nodi, in Italia e successivamente fuori
dall'Italia.

Sotto questo lento processo di tessitura di una Rete ci sono idee e
visioni del mondo comuni, riguardanti l'approccio al sistema dei
consumi e dei bisogni indotti, la critica delle strutture gerarchiche,
il tentativo di resistenza quotidiana al sistema di produzione
forsennata basata sul lavoro, e non ultima la lotta alla mercificazione
della cultura. In quest'ottica, la vita quotidiana è politica. La
comunicazione è politica. I mezzi di comunicazione sono mezzi e non
fini, le forme di espressione sono forme e non materie.

E' passato quasi un decennio, e sotto i nostri occhi questa realtà è andata modificandosi.
Da un lato, la comunità si è allargata grazie alle immense possibilità che Internet ci ha messo a disposizione.
Dall'altro lato, i contenuti espressi da questa rete sono andati via
via sfumando e perdendo definizione, fino a scomparire, in alcuni casi.
Da un lato, la quantità delle voci è aumentata a dismisura in maniera democratica.
Dall'altro lato, la qualità e l'intensità dell'urlo si è affievolito in un brusìo generale. La folla.

L'Anti[MtvDay] è sempre stato un tentativo, riuscito o meno, di
ridefinire scopi e metodi, di alzare i toni, di cercare un paradosso
consapevole per mettere a fuoco la questione dei contenuti che una
scena indipendente DEVE per sua natura esprimere. Senza contenuti di
rottura non c'è scena indipendente. E poi LA domanda: indipendente da
cosa?

Nel 2007 Bologna già da tempo non è più centro culturale, né
mainstream, né underground. Nel 2007 MTV abbandona la città di Bologna
come sede del suo festival. L'Anti[MtvDay] perde così il suo divertente
aspetto provocatorio culminato l'anno scorso con l'accoglienza di
numerosi sfollati dall'Arena Parco Nord per colpa della pioggia inviata
dagli dei del metal, e catapultati in una realtà opposta, per molti
versi contraddittoria ma ai loro occhi assolutamente nuova.
Nel 2007 quello che chiamavamo "il popolo di MTV" adesso è una generazione intera.
Per un'analisi del "popolo di MTV" è ancora valido IL PIPPONE degli
anni scorsi, ma solo in parte. MTV in questi anni è infatti diventata
un rete televisiva generalista, nella quale il ruolo della musica è
andato via via diminuendo fino quasi a scomparire, fatta eccezione per
i suoi canali satellitari che non possono però essere definiti
influenti sulla mentalità di una generazione. MTV si riposiziona nel
settore di Rai e Mediaset. I suoi vecchi conduttori sono assunti da Rai
e Mediaset. Le sue nuove conduttrici sono veline. MTV è una rete come
le altre, dunque non ce ne frega un cazzo.
Per quanto riguarda noi e il nostro discorso, MTV non esiste più, e non
ci interessa più (a parte per deridere/insultare gente discutibile le
cui facce compaiono su quel canale) ma gli effetti della sua esistenza
sono presenti nella realtà e ormai assimilati.

Quello che resta è il Post-MTV, forse a tratti ancora più terrificante
dell'era di MTV stessa. Parliamo della nuova generazione di Myspace.
Parliamo del neonato consumismo del Punk HC DIY. Parliamo del mischione
impastato fra realtà DIY e situazioni "Wannabe Major", parliamo di
processioni per inerzia a quel convivio di ipocrisie chiamato Miami.
Parliamo della moltiplicazioni di gruppi alla ricerca di trampolini di
lancio verso il Nonsisacosa, o forse si sa cosa, è la vecchia volpe e
la vecchissima uva, è l'utilizzo dell'Underground come primo passo
verso l'Overground, è l'hype usa-e-getta, il tentativo di sentirsi
tutti artisti in nuce nell'epoca del precariato globale.
In tutto questo la Rete reale è scomparsa, sostituita dalla rete di
amichetti (il cui unico pensiero è grazie per l'add) ridisegnata dai
geni di Murdock. I contenuti sono andati in secondo piano. Si ascoltano
i gruppi su Myspace (non lo strumento tecnologico, di per sé utile e
comodo, è in discussione ma l'utilizzo sociale che se ne fa), massimo 3
pezzi da 3 minuti, compressi, senza testi, senza niente, senza un
oggetto in mano di cui nutrirsi per un mese. Non si divora, non si
digerisce, ci si limita a masticare e sputare, in alcuni casi a cagare.
Il valore dei gruppi spesso è intangibile. L'importante fase della
Gavetta è sparita. Ci sono dieci miliardi di gruppi e non si capisce
chi cazzo durerà più di una stagione, né chi sia in grado di forare, di
spanare, o rifilettare. Siamo tornati nelle tane paghi delle tastiere,
e la musica è tornata ad essere musica, ha perso la sua natura di mezzo
per raggiungere qualcos'altro, ha smesso di veicolare un idea e una
speranza. O magari no.
Rimangono, nella foschia della rete, cittadelle fortificate che ancora
tengono in vita la voglia di lottare, a volte con molta buona volontà
ma con linguaggi sbagliati o obsoleti, a volte con buoni sistemi
comunicativi ma poche forze per agire sulla realtà. Il resto si
ricombina, si smonta e si ridisegna come Meccano a velocità
impercettibile all'occhio e all'analisi, tentando invano di ricostruire
il fossato coi coccodrilli che dovrebbe dividere Underground da
Overground

Ma non è una catastrofe. E' solo guardare la battaglia dalla collina, ed essere ancora nano.

Quest'anno il titolo del Festival rimane lo stesso, ma il colpo di coda
è un altro. E' il tentativo estremo di un pesce che si dibatte fuori
dall'acqua. E' lo sforzo per un reload della linfa vitale di una
sottocultura. E' l'introduzione di una speranza di un cambiamento che
riattualizzi i contenuti, da sempre veicolati da questo sottobosco,
nella realtà degli anni 2010.
E' l'auspicio, un giorno, di poter riaprire la bara e trovarci qualcosa di nuovo.
Di ricette non ce ne sono, c'è solo la volontà di metterci tutti di
fronte ad un periodo di grossi mutamenti e alla necessità di non
perdere tutto e di non perdersi.
Vogliamo che la breccia continui e non si fermi. Chi ha nuove idee,
nuove forme, la forza di spaccare tutto, faccia un passo avanti nella
nebbia.

Alla fine è solo un Festival Punk HC, giunto alla sua sesta edizione.
Essici per vedere se e cosa vuol dire ancora Punk HC nel 2007. Essici
per tastare il polso di una situazione, per vedere ciò che succede, ciò
che non succede, ciò che potrebbe succedere.
Tutto si crea, tutto si distrugge, niente si trasforma. Ma l'energia si
può trasmettere attraverso lo spazio e attraverso il tempo.
Vado a togliere Also spracht Zarathustra dallo stereo. Non so se mi fa bene.

7 anni

il 24 giugno 2000 viene occupato il cecco rivolta.cecco

non ho ancora scritto niente sul fatto che il cecco ha compiuto 7 anni.
molte cose che ho dentro agli occhi e al cuore sono mie soltanto e della mia gente. non le scrivero' mai in un cazzo di blog.
pero' un piccolo tributo mi sento di darlo.
un sacco di cose sono successe in 7 anni. un sacco. alcune bellissime
che viene il crepacuore, altre cosi' brutte da lasciarmi ferite addosso
che non guariranno mai.
il cielo sopra al cecco non e' mai banale. non e' mai di un colore
sbiadito e stinto. e' sempre troppo acceso o troppo spento, ti fanno
male gli occhi a guardarlo. in entrambi i casi.
una catena, un cappio, un rifugio, un nido, una famiglia.
alibi, movente e pretesto.
posto in cui tornare, in cui tornare decisamente. fauci a cui sfuggire.
il cecco capisce tutto, il cecco spessissimo non capisce un cazzo.
le travi del tetto stanco, il pavimento in cotto mangiato, tutto un groviglio di nervi, sangue, ossa, cuore e cervello.
buon compleanno amici miei.

Strano Punk

Ravanando nel blog di Longinoptikal
sono finita nella storica pagina di Strano Network dedicata al punk.
Mamma mia! Essenza di quello che penso sia la fascinosa contaminazione
tra cyber e punk ..

ve la ripropongo senza altro dire.. 

http://www.strano.net/town/music/punk.htm

(non tutti sanno che… strano network e' nato al vecchio-vecchissimo emerson.. i corsi e ricorsi della storia)