Gormenghast

gormenghast-bbc“Gormenghast, ovvero l’agglomerato centrale della costruzione originaria, avrebbe esibito, preso in sé, una certa qual massiccia corposita’ architettonica, se fosse stato possibile ignorare il nugolo di abitazioni miserande che pullulavano lungo il circuito esterno delle mura inerpicandosi su per il pendio, semiaddossate le une alle altre, fino alle bicocche piu’ interne che, trattenute dal terrapieno del castello, si puntellavano alle grandi mura aderendovi come patelle a uno scoglio. Questa fredda intimita’ con la mole incombente della fortezza era concessa alle abitazioni da leggi antichissime. Sui tetti irregolari cadeva, col variare delle stagioni, l’ombra dei contrafforti smangiati dal tempo, delle torrette smozzicate o eccelse e, enorme tra tutte, l’ombra del Torrione delle Selci che, pezzato qua e la’ di edera nera, sorgeva dai pugni di pietrame nocchiuto come un dito mutilato puntando come una bestemmia verso il cielo. Di notte, i gufi ne facevano una gola sonante; di giorno, la sua ombra nera si allungava muta.”
(Tito di Gormenghast, Mervyn Peake)

Ho letto e riletto la trilogia di Gormenghast diverse volte negli ultimi mesi. Una cosa assolutamente insolita per me, che difficilmente arrivo in fondo a libri così voluminosi e tanto meno li rileggo. Ho letto il primo volume d’un fiato, in una settimana di febbricitante incanto.

fuchsia-steerpikeLa scrittura di Mervyn Peake ha un che di vertiginoso e come ogni vertigine puoi fuggirne o abbandonartici completamente. Io gli sono caduta in braccio dal primo paragrafo, ogni goccia di sangue assorbita nelle sue pagine. Esistono diversi modi di interpretare il mondo di Gormenghast e gli intenti di Peake: il crollo dell’Occidente, la fine di un’epoca, l’avvento del nazismo, Steerpike come Hitler, Gertrude regina dell’Impero Britannico, la crescita di un bimbo, il romanzo di una formazione, il disegno di un’identita’..

mervyn-peakeProbabilmente c’e’ del vero e del falso in tutte e nessuna di queste afferra completamente il senso, talmente e’ ricco il mondo inventato da Peake. Io ci ho letto la rovina di un mondo polveroso, duro a morire, che vende cara la pelle e che rovinando giù trascina tutti con se’. Ci ho letto un magnetico Steerpike (Ferraguzzo), il caos, l’elemento sovversivo, che in un macabro balletto rovescia il tavolo, ad ogni costo. Ci ho letto la compassione, nel senso più vero del termine, per l’inadeguata Fuchsia e per noi piccoli e maldestri esseri umani impressi nelle macerie come calchi di gesso a Pompei. Ci ho letto un Barbacane giudice amministratore della disciplina e della tradizione e un Lisca nei secoli fedele all’ordine come un cane poliziotto.

mervyn-peake-marinerOgni libro è diverso, anche e sopratutto il terzo, scritto da un Peake divorato dal Parkinson e ricostruito postumo. Eppure anche nel terzo, c’è una rabbia senza scampo, una lucida calda terribile rabbia verso quel mondo che doveva cadere e verso quello che ci si è imposto come sostituto. E insieme, in tutti e tre i libri, ci sono una gran tenerezza, una leggera e affilata allegria, una profonda e rara comprensione, degne di un meraviglioso scrittore e di un illustratore immaginifico.

La BBC ha tratto una miniserie dai primi due volumi di Gormenghast, per certi versi molto vicina e accurata, con una visione forse troppo semplificata che in parte mi ha delusa, ma con un senso del fantastico che me l’ha fatta apprezzare comunque. Jonathan Rhys Meyers probabilmente e’ stato divorato da Steerpike, immagino gli abbia mangiato cuore e polmoni, non si esce indenni da una cosa così, come mi sono accorta.

Freakangels

freak angelsFinalmente sono usciti i primi due volumi dell’edizione italiana di Freakangels.

Si tratta della versione cartacea del fumetto di Warren Ellis e Paul Duffield, che viene periodicamente pubblicato online qui.

Me li sono procacciati e mi sono divorata questi due lussuosi volumi (una carta lucida sbrilluccicante, dei colori abbaglianti e delle bellissime grafiche in stile). Non amo troppo i disegni di Paul Duffield, o meglio, rimango affascinata dai suoi paesaggi apocalittici e dalle sue macchine infernalmente steampunk, ma rimango spesso delusa dai personaggi goffi e incoerenti. I colori pero’, gia’ solo per quelli vale la pena, e le luci anche e il piacere di vedere scorrere fra le mie dita personaggi di varie sottoculture cosi’ poco spesso rappresentate su carta.

Poi c’e’ la storia. Una Londra affogata da una devastante apocalisse, una comunita’ che sopravvive, si riprende il quartiere di White Chapel e ne fa il proprio territorio: il quartier generale dei Freakangels. E le storie che ne seguono, mischiate a un po’ di fantasy e molto steampunk, sono storie di autogestione quotidiana. Di un futuro da ricostruire insieme pezzo per pezzo, con le mani impastate di morchia e un sacco di errori e tentativi sbagliati nel cuore.

I Freakangels “badano” alla propria comunita’ espiando la colpa di aver aiutato a far esplodere il mondo che conoscevamo. Si aggirano in un mondo che non conosciamo, ma che possiamo immaginarci, capovolgono la linea del tempo e la riscrivono. Costruiscono macchine a vapore, pannelli solari, giardini urbani estremi, si dividono i compiti e si rimboccano le maniche. Ragionano e ri-ragionano sulle responsabilita’ che stanno nelle mani di chi ha deciso di prendersi cura del proprio quotidiano e di quello della propria comunita’.

C’e’ un sacco di punk in questo steampunk. Ci sono botte e languidi tramonti, ci sono tanti dubbi e il coraggio di volerli affrontare. C’e’ l’impossibile reso reale, la necessita’ divenuta virtu’ e il futuro diventato adesso.

Mi piace un sacco, insomma, come non potrebbe?

Diecimila istanti

Sabato scorso sono accorsa all’annuale Anti-mtv day. Meno amici da riabbracciare dell’ultima volta, ma il consueto, rassicurante, ritrovo di anime affini.
Come ogni anno i concerti che riesco a vedere sono pochi, e mentre ci lanciavamo nel piovoso ritorno a casa con una prode macchina marchiata Agipunk, mi mangiavo le mani per essermi persa uno dei gruppi che aspettavo di piu’, i Ronin.

Ad ogni modo ho portato a casa un’incetta di dischi dal banchino di Bar la muerte, due fra le ultime produzioni librarie di Porfido+El Paso (L’istinto di morte di Jacques Mesrine e Il segreto e’ dirlo), la contentezza di aver tenuto fede ai miei buoni propositi di ricominciare ad andarmene in giro per concerti
e la scoperta di Lili Refrain..

10 anni rft

Chi e’ piu’ fortunato di me, che sono incatenata in un vortice di iniziative fiorentine, corra invece domani al 10 anni buttati via Fest in Torchiera, a Milano. Un tour-de-force di 15 gruppi, tra cui i miei amati Affranti che aspetto da troppo tempo di rivedere riversi su un palco a farmi tremare gli attoniti nervi.
Buon concerto e un abbraccio lungo diecimila istanti

il rogo della vanita’

rogo della vanita'E’ uscita la quarta autoproduzione Fenix: Il rogo della vanita’ di Alèssi Dell’Umbria. Un libro scritto sulle fumanti macerie dei roghi delle banlieues francesi.

Me lo sono immediatamente procaccciata, e ho scoperto che e’ proprio il libro che avrei voluto da tempo saper scrivere per raccontare in italia quello che scorre nelle vene delle periferie di francia. Ci sono altri testi che spiegano bene quello che succede, ma ancora non ne avevo trovato nessuno tradotto in italiano. Mi ero detta "traduci La France a peur di Laurent Bonelli, dai.." ma cristiddio sono piu’ di 400 pagine, e il mio francese e’ troppo lento. Avevo pensato di provare a sintetizzare io qualcosa, ma una vocina in testa mi continuava a far rimandare, convincendomi che in fondo, un libro cosi’ lo deve scrivere chi queste cose le ha vissute.

Ecco, insomma questo libro e’ arrivato. E ad eliminare una volta per tutte (se ce ne fosse bisogno) la stupida idea che l’erba del vicino e’ sempre piu’ verde e che solo l’editoria commerciale fa cose serie, ecco che questo libro e’ uscito no copyright e autoprodotto dalla torino squatter.

Troppi sorciologi e militanti parlano dei banlieusards alternando bile e bava, incerti tra il disprezzarli come feccia nichilista o osannarli come rivoluzionari del domani. Le banlieues a me continuano a
sembrare degli enormi cimiteri di elefanti dove ha trovato la morte il
mastodontico modello paternalista francese. Il modello di "integrazione", o peggio
di "inclusione", dove per essere qualcuno devi farti includere e
integrare, dove quest’integrazione e’ pero’ a senso unico e non c’e’
alcuno scambio ne’ ricchezza di vedute.

La
retorica francese chiama molto efficacemente le banlieues "quartieri
difficili" o "zone sensibili". Chi vive in questi ghetti e’ un
"soggetto da aiutare", da isolare o da integrare. L’unica identita’ che ti e’ concessa e quella di vittima, di animale marginale, prodotto di uno scarto. C’e’ chi prova ad aiutarti, cercando di dipingerti una faccia da normale, e chi vorrebbe solo che tu scomparissi senza lasciare traccia, smettendo cosi’ di ricordargli continuamente le impietose contraddizioni di questo meraviglioso mondo. Ma tu rimani qualcuno fintanto che rimani una vittima, finche’ rimani calato nel personaggio. Se non ti fai integrare sei il diverso tra i diversi, se accetti di farti integrare (come nel caso delle prime generazioni di immigrati) rimani comunque un diverso che arranca per farsi accettare dai normali. Non c’e’ via d’uscita nel non futuro predestinato. Quando ti accorgi di questo inizi a prendere fuoco, e’ la tua stessa vita a bruciare. Per questo le rivolte nelle banlieues possono essere solo cosi’ splendidamente nichiliste e disperate, con buona pace di chi le preferirebbe piu’ organizzate, piu’ comprensibili e piu’ indirizzabili.

Di questo e molto altro parla il libro. In un racconto preciso e credibile, con una compartecipazione dolorosa e lucida. A firenze lo trovate nella distro del NextEmerson, altrimenti seguite questo link.

Dresden dolls

 

dresden dolls

Mentre vagavo cercando le traduzioni dei testi dei Dresden dolls, ho scoperto che ‘sti bizzarri figuri mettono a disposizione liberamente la propria musica. Si puo’ scaricare tutto dal loro sito http://dresdendolls.com e al limite lasciargli un obolo (se si vuole). Mentre autistici agonizza, direi che questa e’ la piu’ bella scoperta della giornata.
Le traduzioni non le ho trovate (il mio inglese fa troppo troppo schifo), ma ogni volta che riascolto un loro pezzo mi ritorna una gran voglia di suonare. verranno tempi migliori anche per questo.

 

Il buco quadrato

bucoquadratoL’inverno scorso mi sono letta questo libretto trovato in distribuzione al babilonia.

E’ un racconto di un pezzo di vita, di alcune scelte, di alcune peripezie. L’ho trovato di un’umilta’ disarmante, senza alcuna pretesa di dare buoni o cattivi esempi.

Facendo vari giri poi ho scoperto che e’ interamente scaricabile su autistici. http://www.autistici.org/il_buco_quadrato

"Quattordici anni fa mi licenziai dalle Ferrovie dello Stato.
Era il 1992, nel mese di settembre ed ero veramente contento della mia scelta.
Aprivo una porta misteriosa ed entravo in una nuova dimensione."
 

E’ piu’ o meno un anno che mi ripropongo di andare a campo di marte a regalarlo al mio amico ferroviere, poi come tante cose, non l’ho mai fatto.  Se il mio amico ferroviere mi legge so che sornione scuotera’ il capo, si scarichera’ il pdf e leggendolo forse perdonera’ le mie mancanze.