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Osservati dall’inganno

Ecco un altro raccontino, questo pubblicato un annetto fa nel libro “Il Babau – Paura del buio?!”. L’illustrazione è di Tuono Pettinato (ed è anche una delle mie preferite nel libretto del Babau)

tuono pettinatoOsservati dall’inganno

Il suo respiro era ancora regolare, ma il battito stava accelerando velocemente, lo sentiva.
I suoi passi erano deboli, timidi. Ogni suo muscolo era teso al silenzio, votato all’invisibilità.
Dal fondo della colonna vertebrale saliva la paura. le sue orecchie cercavano ogni rumore, e per farlo le immaginava più grandi, più mobili.
Sentiva anche i vermi strisciare, ogni foglia calpestata era l’indizio di un pericolo.
Il suo sangue nervoso scorreva come velluto nelle vene cercando di non essere visto.
Piano piano il respiro accelerò, a comando del battito.
I suoi passi affrettarono l’urgenza della paura. D’improvviso non poteva più nascondersi, era visibile al mondo, visibile alle foglie e all’aria.
Corse. Corse in uno stato quasi di incoscienza, la paura e la tensione lottavano contro i muscoli lanciati a cavallo del vento.
Si fermò atterrando il suo ultimo balzo quando la distanza gli fu chiara.
Il calcolo venne giusto. Le zampe caddero in una presa salda, gli artigli scattarono afferrando la schiena e il collo dell’animale. La sua bocca, la sua bocca divenuta enorme si avventò su quel torace, i denti davanti lacerarono la carne e la lingua cominciò a leccare avidamente il sangue. Il respiro era di nuovo regolare, il battito lento, la paura finita.

Licheni 3

(senza illustrazioni.. e’ troppo presto!)

Licheni
parte terza

La signora Apricot appoggiò la tazza di tè sul piattino facendo attenzione a non produrre un rumore troppo secco.
-Del resto Signora Cerise, gli anni in cui ci troviamo sono anni terribilmente instabili.
-…instabili e pericolosi, mi faccia aggiungere.
La signora Cerise diede un fugace sguardo di cupidigia all’ultimo pasticcino rimasto sul vassoio ovale.
-Si dice che il Generale Saprofit stia progettando un contrattacco di straordinaria potenza.
-Pensa che useranno dei nuovi tipi di macchine? Un nuovo modello di uomo meccanico magari?
La signora Apricot si massaggiò la trina che le fasciava il collo.
-Non credo cara, gli uomini meccanici sono ormai obsoleti. Mio marito dice sempre che certi congegni possono andare bene solo per gli scopi civili. Come la sua Zamedite.
-Beh dobbiamo riconoscere che questi uomini meccanici sono stati un regalo di Dio. In questo periodo di infauste ristrettezze molte oneste famiglie sarebbero state costrette a privarsi dei servigi di domestici affidabili.
-Mio marito dice che nel campo bellico stanno avvenendo molti progressi tecnologici. Dicono che da quando l’industria cosmetica ha venduto la ricetta all’Esercito le nostre possibilità di vincere questa guerra sono diventate una certezza.
-Anche senza uomini meccanici?
-Ma cara, molto meglio!
La signora Cerise si lasciò sfuggire un risolino.
-Non si dimentichi che gli uomini meccanici restano pur sempre uomini, anche se con qualche optional in più.

Zam entrò silenziosamente nella stanza portando un nuovo vassoio carico di pasticcini.
-Zamedite, cara, puoi portarci anche qualcuno di quegli zuccherini all’anice che piacciono tanto alla nostra signora Cerise?
-Oh, cara, lei mi vizia..!
-Mi dispiace Signora, sfortunatamente gli zuccherini sono finiti e anche il Signor Fleen giù all’angolo li ha terminati.
-Oh santa pazienza, quel Fleen è buono solo a lamentarsi. Vai al porto cara, fammi questo favore. Sono sicura che la drogheria della signora Bienvenue non ci deluderà.

Zam si produsse in un impercettibile inchino e si dileguò.
-Davvero una cara ragazza la sua Zamedite.
-Ha proprio ragione. Questi uomini meccanici sono così puliti e piacevoli, non riesco proprio a capire perchè vengano così tanto bistrattati in certi ambienti popolari.
-Il garzone del meccanico qua sotto, lui sì è spaventevole. Quello strano mutante con gli occhi viola, mi mette i brividi ogni volta che passo davanti all’officina.
-Ma sa, quelli sono sbagli della natura. Errori a cui abbiamo cercato di dare una seconda possibilità. Nulla a che vedere con gli uomini meccanici, frutto di sapienti tecniche. Gli uomini meccanici uniscono l’intelligenza dell’uomo alla perfezione della macchina.
-E’ quello che dice sempre anche mio marito, signora Apricot. Ma non riesco a resistere a questi splendidi pasticcini. Me ne faccia assaggiare un altro.

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Licheni 2

Licheni
Parte seconda

Il cervo li osservava con una perfetta aria bovina. Gli occhi liquidi, la bocca piegata in un prevedibile sorriso placido.
Quando si alzò, lo sforzo gli piegò gli angoli della bocca e le sue lunghe zampe compirono molti sgraziati movimenti nel tentativo di ritrovare una posizione normale.
Zam continuava a fissare quel cervo scoordinato riconoscendoci un qualcosa di familiare, un’inadeguatezza consueta.

Dei rumori metallici schioccarono le dita dentro al cervello di Zam: Typtri era già lontano, perso di nuovo a rovistare nelle macerie che ornavano il bosco. Zam lo raggiunse, cercando di schivare la strana sensazione che il cervo li stesse seguendo. Ma in effetti li stava proprio seguendo, lento e inesorabile come una mucca che mastica trifogli.

– Quella deve essere la fabbrica.
Typtri si era fermato davanti a un cancello divorato dalla ruggine. Dietro al cancello c’era una di quelle grandi sbarre a righe rosse e bianche. Era sollevata a farti passare, e probabilmente era così da un bel po’ di tempo. Sulla sbarra e sull’asfalto correva l’edera per cercare disperata un po’ di terra. Correva anche su un ibisco, un grande ibisco viola fiorito a guardia del cancello.
Alle spalle della sbarra e del cancello c’era la fabbrica. Tre grossi capannoni giallo sbiadito, con i tetti a spina di pesce lanciati verso ovest.
Mentre entravano Zam inciampò in una lattina arrugginita di birra e il silenzio accogliente di quel posto le accarezzò la faccia. Continue reading →

Licheni

Buffamente mi sono resa conto solo ora di non aver mai messo su questo blog i miei racconti pubblicati via via su Ruggine. Rimedio adesso, cominciando da Licheni, un racconto lungo diviso in tre puntate (che per comodita’ spezzo anche qui in tre post). La terza e ultima parte verrà pubblicata sul quarto numero di Ruggine, ma la metto subito anche qui “in anteprima”.

Le illustrazioni le ha fatte Stefano Artibani, che ringrazio ancora per essere riuscito a immaginare cosi’ bene le mie parole.

Licheni

parte prima

licheni 1

Mentre camminava la punta delle scarpe si confrontava con un pietrisco di mattoni
e oggetti metallici spenti.
C’era un’aria fredda e tagliente, si riaggiustò il bavero del cappotto.
Solo dieci minuti prima la pioggia cadeva spietata, adesso il cielo sembrava pacificato e l’aria ripulita, uno sfogo come di pianto.
Annusava l’aria, le macerie tutt’intorno sapevano di bosco. I mattoni rotti, i blocchi di cemento sbeccati, quelle piccole isole di asfalto che ancora ogni tanto spuntavano da sotto l’erba.
Arrivò alla Porta-con-la-bocca. Veniva chiamata così perché delle due ali del portone di ferro era rimasto solo un paio di grosse schegge in alto che formavano gli zigomi di un faccione con la bocca aperta.
Era una bellissima porta, una delle sue preferite, una delle tante rimaste a custodire palazzi immaginari e fabbriche invisibili. Come tutte le altre, la Porta-con-la-bocca non serviva assolutamente a niente, era solo il ricordo di ciò che una volta custodiva. E come per tutte le altre, non ti saresti mai sognato di non usarla, di prenderti gioco di lei magari passando di lato.

Seduto sulla balaustra di una finestra orfana c’era Typtri. Continue reading →

Diecimila istanti

Sabato scorso sono accorsa all’annuale Anti-mtv day. Meno amici da riabbracciare dell’ultima volta, ma il consueto, rassicurante, ritrovo di anime affini.
Come ogni anno i concerti che riesco a vedere sono pochi, e mentre ci lanciavamo nel piovoso ritorno a casa con una prode macchina marchiata Agipunk, mi mangiavo le mani per essermi persa uno dei gruppi che aspettavo di piu’, i Ronin.

Ad ogni modo ho portato a casa un’incetta di dischi dal banchino di Bar la muerte, due fra le ultime produzioni librarie di Porfido+El Paso (L’istinto di morte di Jacques Mesrine e Il segreto e’ dirlo), la contentezza di aver tenuto fede ai miei buoni propositi di ricominciare ad andarmene in giro per concerti
e la scoperta di Lili Refrain..

10 anni rft

Chi e’ piu’ fortunato di me, che sono incatenata in un vortice di iniziative fiorentine, corra invece domani al 10 anni buttati via Fest in Torchiera, a Milano. Un tour-de-force di 15 gruppi, tra cui i miei amati Affranti che aspetto da troppo tempo di rivedere riversi su un palco a farmi tremare gli attoniti nervi.
Buon concerto e un abbraccio lungo diecimila istanti

La polveriera di Nobel

Per un caso del destino una sera a cena mi parlano di un’enorme area abbandonata, poco lontano da Firenze (tra Signa e Carmignano). Mi fanno vedere delle foto davanti alle quali mi cade in terra la mascella e rimango come un’idiota per un venti minuti buoni. Questo posto e’ Laputa, e’ un post apocalisse anticipato, e’ il luogo dove inconsapevolmente ho ambientato il mio racconto rugginoso Licheni e dove evidentemente alloggiano i miei pensieri e il mio tatuaggio mancato.

http://foto.masternet.it/main.php?g2_itemId=10058

Capirete che mi sono subito lanciata in una frenetica ricerca sui come, i dove, i che cosa..
Ho trovato qualche risposta che mi ha aperto ulteriori voragini nel cervello, da cui credo nei prossimi mesi usciranno personaggi e racconti che aspettavano di essere risvegliati.

Il posto intanto ha un nome: Il pallottolificio dinamitificio Nobel. Una fabbrica di esplosivi costruita nel 1891 dalla ditta Sipe Nobel (quell’Alfred Nobel li’.. si).
Questa fabbrica ha delle dimensioni imponenti, parliamo di un’area che insieme al parco e la vicina stazione di Carmignano si aggira intorno ai 90 ettari.
La stazione di Carmignano e’ chiusa da una decina d’anni, in balia delle diatribe tra Trenitalia e Comune su un’improbabile “riqualificazione”. La polveriera invece ha fermato la produzione l’11 giugno del 1944 e da allora non ha mai piu’ riaperto. E c’e’ un motivo.

A quel tempo la polveriera era una delle piu’ importanti d’Italia, con tremila dipendenti, costituiva un nodo centrale per il rifornimento di esplosivo e munizioni all’esercito nazifascista. Dalla vicina stazione partivano i convogli che (data la posizione centrale) immagino andassero a rifornire un po’ tutte le truppe sparse per l’Italia.

All’1.10 della notte dell’11 giugno 1944 la polveriera salta in aria, per l’esplosione di 8 convogli pieni di tritolo fermi alla stazione.
Questo l’unico racconto decentemente dettagliato che sono riuscita a trovare finora:
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Mercì

Fa un certo effetto trovare a Parigi, affissa su un frigo, una foto della prima casa che hai occupato…

mondo cane

 

Mi rendo conto che ultimamente i post del mio blog si assomigliano un po’ tutti. Pero’ stasera c’e’ Mike Patton a Firenze e io mi sto facendo convincere a pagare dei soldi veri per vederlo. Vedremo, intanto andro’ ad origliare e chissa’ che succedera’. bei tempi quando era anche solo lontanamente pensabile sfondare..

Nel frattempo mi consolo guardando questi tristi quadratini di immagini in movimento..

il rogo della vanita’

rogo della vanita'E’ uscita la quarta autoproduzione Fenix: Il rogo della vanita’ di Alèssi Dell’Umbria. Un libro scritto sulle fumanti macerie dei roghi delle banlieues francesi.

Me lo sono immediatamente procaccciata, e ho scoperto che e’ proprio il libro che avrei voluto da tempo saper scrivere per raccontare in italia quello che scorre nelle vene delle periferie di francia. Ci sono altri testi che spiegano bene quello che succede, ma ancora non ne avevo trovato nessuno tradotto in italiano. Mi ero detta "traduci La France a peur di Laurent Bonelli, dai.." ma cristiddio sono piu’ di 400 pagine, e il mio francese e’ troppo lento. Avevo pensato di provare a sintetizzare io qualcosa, ma una vocina in testa mi continuava a far rimandare, convincendomi che in fondo, un libro cosi’ lo deve scrivere chi queste cose le ha vissute.

Ecco, insomma questo libro e’ arrivato. E ad eliminare una volta per tutte (se ce ne fosse bisogno) la stupida idea che l’erba del vicino e’ sempre piu’ verde e che solo l’editoria commerciale fa cose serie, ecco che questo libro e’ uscito no copyright e autoprodotto dalla torino squatter.

Troppi sorciologi e militanti parlano dei banlieusards alternando bile e bava, incerti tra il disprezzarli come feccia nichilista o osannarli come rivoluzionari del domani. Le banlieues a me continuano a
sembrare degli enormi cimiteri di elefanti dove ha trovato la morte il
mastodontico modello paternalista francese. Il modello di "integrazione", o peggio
di "inclusione", dove per essere qualcuno devi farti includere e
integrare, dove quest’integrazione e’ pero’ a senso unico e non c’e’
alcuno scambio ne’ ricchezza di vedute.

La
retorica francese chiama molto efficacemente le banlieues "quartieri
difficili" o "zone sensibili". Chi vive in questi ghetti e’ un
"soggetto da aiutare", da isolare o da integrare. L’unica identita’ che ti e’ concessa e quella di vittima, di animale marginale, prodotto di uno scarto. C’e’ chi prova ad aiutarti, cercando di dipingerti una faccia da normale, e chi vorrebbe solo che tu scomparissi senza lasciare traccia, smettendo cosi’ di ricordargli continuamente le impietose contraddizioni di questo meraviglioso mondo. Ma tu rimani qualcuno fintanto che rimani una vittima, finche’ rimani calato nel personaggio. Se non ti fai integrare sei il diverso tra i diversi, se accetti di farti integrare (come nel caso delle prime generazioni di immigrati) rimani comunque un diverso che arranca per farsi accettare dai normali. Non c’e’ via d’uscita nel non futuro predestinato. Quando ti accorgi di questo inizi a prendere fuoco, e’ la tua stessa vita a bruciare. Per questo le rivolte nelle banlieues possono essere solo cosi’ splendidamente nichiliste e disperate, con buona pace di chi le preferirebbe piu’ organizzate, piu’ comprensibili e piu’ indirizzabili.

Di questo e molto altro parla il libro. In un racconto preciso e credibile, con una compartecipazione dolorosa e lucida. A firenze lo trovate nella distro del NextEmerson, altrimenti seguite questo link.

muri e frattaglie

qualche altra foto dai muri fiorentini…

babau a firenzepisafrattaglie