cicatrici

mi e’ difficilissimo scrivere di genova.
parlarne mi riesce meglio, soprattutto con persone che non mi conoscono tanto, o che non mi sanno leggere tanto addosso.
chi mi legge bene potrebbe vedere tutta la fragilita’ e la scomposta angoscia, sarebbe come un ripetere di nuovo tutto, mostrarmi ancora cosi’ inaccettabilmente vulnerabile.

eppure ci ho provato un sacco di volte a scrivere. ho provato a cantarlo da un palco per esorcizzare la riservatezza delle mie ferite. ma ne ho tirato fuori solo un penoso nervosismo. non mi ha fatto sentire meglio. affatto.

non c’e’ mai il tempo per dire tutto quello che vorresti. non c’e’ mai il tempo neanche per pensarlo. che se poi ti fermi a pensare troppo a lungo ti risale dalla schiena tutta l’ansia e la rabbia profonda. e non mi capita spesso di aver voglia di assecondare tutto questo dolore, di lasciargli prendere forma nelle ossa.

molte cose per fortuna le scrivono gli amici:
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/…
cosi’ mi sento meno sola nella mia confusione.

alcune immagini mi sono rimaste attaccate. come il trovare la mattina dopo alla diaz, una amica che non vedevo da tanto, cercare di consolare il suo pianto disperato e non riuscirci, afferrare i suoi racconti di superstite tra i singhiozzi, incassare in pancia la sua febbrile angoscia e unirla alla mia.

gli abbracci, quelli me li ricordo tutti. uno per uno. era l’unica cosa che per un attimo ti dava respiro. era l’unico modo per dirsi qualcosa, dato che le parole non uscivano a nessuno.

mi ricordo bene le piccole cose. un pacchetto di crecker smezzato fra cinque o sei. un sacchetto di ghiaccio secco. il marciapiede di fronte alla diaz e l’asfalto attorno. le luci di un elicottero che illuminano la mia pupilla. il continuo rumore di vetri rotti. il rumore degli spari. l’odore della gomma bruciata. il ritmo del mio fiato corto. una coppetta di tiramisu’ mai mangiato. l’odore della stoffa impregnata di gas. il sapore del latte che scende nello stomaco come una medicina. degli stronzi che prendono a sprangate due ragazzini vestiti di nero. la vista del pavimento piastrellato di viale xx settembre annebbiata dai lacromogeni.

io ho un carattere strano. nelle situazioni brutte ho un’instinto di sopravvivenza che cerca istantaneamente una via d’uscita, una qualunque razionale e credibile positivita’ nella sfiga.
ecco questo e’ stato uno di quei pochi momenti in cui ero paralizzata dall’unica cosa veramente certa: non c’era via d’uscita, non c’era soluzione, non c’era niente, ma proprio niente che potesse farci sentire meglio.

Genova 17 novembre 2007  – corteo in solidarieta’ ai 25 processati.

http://www.supportolegale.org